sabato 8 dicembre 2007

Gherardo Colombo a Jesi



“In Italia quella tra cittadino e legalità è una relazione sofferta, la cultura di questo paese di corporazioni è basata soprattutto su due categorie: furbizia e privilegio”.
Quella di Gherardo Colombo è una figura che non ha certo bisogno di presentazioni. La sua partecipazione alle inchieste sulla P2, sul delitto Ambrosoli, sui fondi neri dell’Iri, poi la presenza all’interno del pool milanese che indagò su Mani Pulite, ne fanno uno dei protagonisti del mondo giudiziario e della vita pubblica italiana degli ultimi vent’anni.

Quello riportato in apertura è un passaggio di una sua intervista al Corriere della Sera dello scorso marzo, in cui venivano annunciate le sue dimissioni anticipate dalla magistratura. Parole dure e polemiche, cariche d’amarezza nei confronti dello stato della giustizia in Italia.
Alcuni hanno voluto interpretare questo abbandono come l’ammissione di una sconfitta. Il senso vero delle dimissioni di Colombo non è però quello di una resa, di una fuga, anzi. Dietro alla sua scelta c’è infatti una precisa volontà culturale di affrontare da altre angolature, da altre prospettive, il tema della giustizia nel nostro paese. Un’esigenza - avvertita come non ritardabile - di riflettere pubblicamente sul difficile rapporto tra la società italiana e le regole giuridiche. Una necessità di trasferire all’esterno l’esperienza accumulata in anni di lavoro e di inchieste su alcuni dei fenomeni di corruzione principali dell’Italia repubblicana.
“A questo punto della vita mi sono convinto che può esistere giustizia funzionante soltanto se esiste un pensiero collettivo che in primo luogo individui il senso della giustizia nel rispetto degli altri; che poi ci rifletta; e che infine, se ne viene convinto, arrivi a condividerlo. Si tratta di confrontarsi con i fondamenti della nostra Costituzione, il riconoscimento e la tutela dei diritti fondamentali e l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.”
Negli ultimi mesi questa scelta d’impegno ha dunque visto Colombo protagonista di numerosi confronti e dibattiti in giro per l’Italia. Un nuovo ruolo che l’ex magistrato milanese sta ricoprendo con la passione ed il senso di responsabilità che hanno sempre contraddistinto il suo lavoro. Proprio in questa nuova veste Gherardo Colombo sarà dunque ospite a Jesi nella serata di mercoledì 19 dicembre, in un incontro intitolato “Conversazione sulla giustizia” che avrà luogo al Teatro Studio Valeria Moriconi.
La presenza di Gherardo Colombo a Jesi rappresenta un’occasione importante per la città, per diversi motivi. Innanzitutto per la possibilità di analizzare, con l’aiuto di una testimonianza tra le più autorevoli, la situazione della giustizia nel nostro paese. Un’Italia percorsa da derive contraddittorie, dove spesso la domanda di giustizia assume forme populiste e dove invece l’esigenza di garantismo sembra scivolare in alcuni casi nell’impunità. Poi per la possibilità di riflettere sul rapporto spesso conflittuale tra potere giudiziario e potere politico e sui pericoli di una dimensione mediatica che negli ultimi tempi sta snaturando e deformando l’attività processuale. Infine per l’opportunità di conoscere più da vicino eventi e dettagli delle famose inchieste di cui Colombo è stato protagonista.
Accanto a questi motivi c’è poi un’importanza di carattere più generale, che riguarda la situazione culturale jesina. Negli ultimi anni Jesi ha registrato una vistosa mancanza di iniziative, incontri ed eventi culturali dedicati all’approfondimento dei grandi temi del dibattito pubblico italiano ed internazionale. Una mancanza grave, che va al più presto colmata. Per fare questo c’è però bisogno di fare massa critica contro una tendenza pericolosa. Quella che dispone le coscienze ad una rassegnata e disincantata assuefazione al poco che c’è, al poco che viene offerto nelle realtà provinciali sul terreno culturale.
Non è vero che una città come Jesi non possa offrire incontri con grandi protagonisti della cultura e della vita pubblica italiana. Ci sono tante persone nella nostra città che mostrano curiosità, interesse e passione nei confronti di ciò che accade fuori dalle mura cittadine. E’ da questa passione che bisogna ripartire, è su questa passione che bisogna far leva per dare vita ad un risveglio culturale della città. Jesi può e deve fare di più per la cultura! La speranza è quindi quella che l’incontro di Colombo non sia solo un evento irrelato e contingente, ma l’avvio di un percorso di iniziative culturali ricco e vario. Una speranza che auguriamo non vada delusa.

Si ringrazia jesiattiva.org per il materiale!

sabato 1 dicembre 2007

Uccide la moglie e sconta solo due giorni di carcere

Quattro anni fa uccise la moglie a coltellate davanti alla figlia allora sedicenne. Renato di Felice, palermitano di 58 anni, grazie all'ordinanza di scarcerazione del gip, passò solo due giorni in carcere. Da allora non ci è più tornato e probabilmente non ci tornerà. È di ieri, infatti, la sentenza del gup Marco Mazzeo che ha condannato a sei anni questo padre di famiglia che, dopo una vita di umiliazioni, vessazioni e violenze subite in famiglia, il 24 ottobre del 2003, dopo l'ennesima aggressione della moglie, si era lanciato contro di lei e l'aveva uccisa con due coltellate. Quel giorno la donna, ginecologa dell'ospedale Cervello, aveva malmenato e preso a morsi la figlia. E lui aveva perso la testa. Era andato in cucina, aveva preso un coltello e con due colpi, uno alla schiena e l'altro al fianco, aveva ammazzato la moglie. A salvare Di Felice dal carcere, il rito abbreviato e tutte le attenuanti concesse dal giudice nella sentenza di ieri. Dei sei anni per omicidio volontario, infatti, tre saranno spazzati via dall'indulto, mentre gli altri tre potranno essere scontati con una pena alternativa alla carcerazione.