sabato 1 settembre 2007

Afghanistan, record stupefacente


“La situazione è drammatica e peggiora di giorno in giorno: nessun altro paese al mondo, a parte la Cina di un secolo fa, ha mai avuto un così estesa superficie destinata a produzioni illegali”. Una produzione che “ha raggiunto livelli paurosi, raddoppiando rispetto a due anni fa”.
Con queste parole l’Ufficio Antidroga delle Nazioni Unite (Unodc) e il suo presidente Antonio Maria Costa hanno presentato il rapporto 2007 sulla produzione d’oppio in Afghanistan.
Superando di molto le più pessimistiche previsioni e stime degli ultimi mesi, il raccolto d’oppio afgano di quest’anno ha raggiunto le 8.200 tonnellate: il 34 percento in più rispetto alle 6.100 del 2006. Le piantagioni di papavero, che l’anno scorso ammontavano complessivamente a 165 mila ettari, quest’anno coprivano 193 mila ettari: il 17 percento in più.
Helmand, la maggior fonte di droga del pianeta. La provincia di Helmand, che quest’anno ha fornito il 53 percento della produzione nazionale, si conferma “la capitale” dell’oppio afgano e la principale fonte di droga di tutto il pianeta. Con i suoi scarsi 2 milioni e mezzo di abitanti, questa piccola regione surclassa la produzione di narcotici di nazioni intere come la Colombia (coca), il Marocco (cannabis) o la Birmania (oppio). Dall’Helmand – provincia in gran parte controllata dai talebani – nono esce più solo oppio, ma anche tantissimo “prodotto lavorato”, ovvero eroina. Nei distretti montani roccaforti della guerriglia, in particolare nella zona di Musa Qala, sono stati infatti impiantati centinaia di laboratori artigianali dove la pasta d’oppio viene raffinata e trasformata in eroina.

Dall’oppio afghano proviene il 90% dell’eroina mondiale. Secondo John Walters, capo della politica antidroga della Casa Bianca, le principali cause dell’insuccesso sono il rafforzamento delle milizie talebane, che si oppongono alle operazioni degli Stati Uniti e i limitati fondi destinati al programma contro i narcotici e per lo sviluppo.

Ma secondo fonti militari il problema è più vasto e i narcotrafficanti da tempo schierano un vero e proprio esercito armato, contrapposto ai 30mila soldati della Nato impegnati nel Paese. Secondo il generale James L. Jones, comandante in capo delle forze Nato, “sarebbe sbagliato dire che il problema sono solo i talebani” “Loro [i narcotrafficanti] comprano protezione da altre organizzazioni, sia criminali che tribali, e fomentano ogni forma di resistenza per tenere il governo fuori dei loro affari”. “Sono in grado di causare danni, di rendere sicure le strade e le vie di transito e possono andare dove vogliono, anche attraverso Pakistan, Iran e Russia”.

In Afghanistan i narcotici alimentano un’industria da 2,6 miliardi di dollari annui, pari nel 2006 ad un terzo del Prodotto interno lordo (Pil) del Paese. Anche se i coltivatori di oppio ricevono solo piccole percentuali, si stima che guadagnino 12 volte di più che per ogni altro tipo di coltivazione. Il tentativo, quindi, di distruggere le coltivazioni incontra anche una violenta resistenza da parte della popolazione locale.

Anche per questo Kabul ha proibito lo spargimento aereo di erbicidi, come gli Usa fanno in America Latina, preferendo distruggere le piantagioni con il trattore. Nel 2006 sono state sradicati solo 38.500 ettari di coltivazioni di papavero su circa 430 mila

Collusione governo - narcotrafficanti. Se realtà come quella di Helmand dimostrano un evidente legame tra talebani e produzione di oppio, altre realtà rivelano che lo stesso governo afgano ha le mani sporche d’oppio. La seconda provincia afgana più produttiva è infatti quella orientale di Nangarhar, che quest’anno ha visto un incremento produttivo impressionante: 285 percento in più rispetto al 2006. Qui non parliamo di campi di papavero incassati nelle inaccessibili vallate controllate dai talebani, ma di piantagioni che si estendono nella pianura di Jalalabad, alle porte di Kabul: una zona controllata dal governo.

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