martedì 17 giugno 2008

Gli insabbiati

di redazione
Luciano Mirone è un giornalista d'inchiesta, della diaspora dei "Siciliani" di Pippo Fava. Ha appena aggiornato e ripubblicato con l'Editore Castelvecchi un suo libro straordinario: "Gli insabbiati- Storie di giornalisti uccisi dalla mafia e sepolti dall'indiferenza". Mirone ha svolto un'inchiesta approfondita sulle storie sepolte e trascurate degli otto cronisti uccisi in Sicilia da mafia e terrorismo e le racconta racconta con bello stile e passione umana. Il libro dice cose che molti non sanno, ci richiama al dovere della memoria, mostra cosa si può fare in concreto, e spesso non si fa, per coltivare il ricordo di chi - nel nostro Paese e non in lontane zone di guerra - per dare notizie scomode, sgradite, si è giocato la vita, si è scontrato col minotauro della censura che purtroppo tuttora scorazza minaccioso nel labirinto dell'informazione.

Proponiamo l'introduzione vibrante di sdegno civile di Rita Borsellino.


Prefazione di Rita Borsellino

Sono felice che “Gli Insabbiati” venga ristampato. E che sia ristampato oggi, a 100 anni dalla nascita della Federazione nazionale della stampa ed in un momento tanto delicato per l’informazione siciliana. Delicato per due motivi: non solo perché nel nuovo processo di ribellione sociale alla mafia e al suo controllo che è in corso in Sicilia, l’informazione è chiamata ad avere un ruolo importante; ma anche perché negli ultimi anni e ancora di più negli ultimi mesi, le intimidazioni a giornalisti impegnati sul fronte della denuncia, sono tornate a farsi sentire con insistenza anche in quei casi in cui il giornalista si è limitato a pubblicare atti processuali, dunque a svelare qualcosa che era già stato svelato anche se solo dentro le aule del tribunale. Cosa significa tutto questo? Significa che la parola e l’informazione restano una delle armi più temute dalla criminalità. Più temute persino del sistema della Giustizia, le cui falle la mafia ha imparato a conoscere e sfruttare a pieno. E significa anche che senza un’informazione libera e attenta è difficile costruire, ottenere, avere una coscienza sociale altrettanto libera e attenta.

Raccogliere le storie di 8 cronisti siciliani, metterle in sequenza, una dietro l’altra seguendo un percorso ideale nel tempo e nello spazio di quest’isola, serve a trovare un filo conduttore e a sottolineare con forza, dirompente, la potenza di uno strumento come la stampa e l’importanza della professione del giornalista che ha il compito di mediare, filtrare, leggere ciò che accade. Ed il dovere di farlo bene, cercando la verità e non accontentandosi di quella che gli viene servita.

Ma non è solo questo il merito de Gli Insabbiati, perché ripercorrendo la vita di Mauro De Mauro, Giuseppe Fava, Mario Francese, Mauro Rostagno, Cosimo Cristina, Peppino Impastato, Giovanni Spampinato e Beppe Alfano, Mirone ripercorre la storia di quest’isola e sottopone al lettore un interrogativo inquietante, lo stesso che mi insegue e a cui cerco risposta da anni: cosa si nasconde dietro le morti eccellenti siciliane? E perché in molti di questi casi non si riesce mai ad individuare i mandanti? Nelle pagine di questo libro non c’è solo cronaca e neppure solo storia c’è la ricerca appassionata della verità. C’è la voglia di spalare via, lontano, la sabbia dell’indifferenza che per troppo tempo ha coperto queste morti. La ricerca di Mirone abbraccia 30 anni di Sicilia compresi gli anni della Guerra fredda in cui, dice bene l’autore, “l’isola diventa terra di intrighi sotterranei e di accordi perversi fra Stato e Antistato su cui non si è ancora scritta tutta la verità”. Un’indagine la sua, che parte dagli anni ’60 quando viene ucciso Cosimo Cristina e la sua morte viene “travestita” da suicidio e arriva al ‘93, l’anno dell’uccisione del cronista di Barcellona P. G., Beppe Alfano.

Ma per me rileggere questo libro a distanza di tanti anni ha anche un significato in più. E’ ritrovare le ragioni di una scelta di impegno e ripercorrere tanti momenti della mia vita. Rileggere le parole di Giulio Francese quando racconta del padre e della sua sensazione di essere in pericolo, di avere ormai poco tempo, è tornare indietro al 92 quando Paolo mi diceva, ci diceva “devo fare presto” ed usava espressioni come “quando mi uccideranno..”.

Rileggere alcuni racconti di Felicia Impastato che oggi non c’è più e che con il suo amore di madre è riuscita a fare aprire un processo sull’uccisione di Peppino, significa ritrovare il sorriso forte e la passione di una donna straordinaria con cui tante volte ho condiviso sensazioni e speranze.

E così è per Claudio Fava che di Giuseppe ha raccolto l’eredità e la capacità di comunicare. C’è in questo libro oltre alla vita di questi straordinari cronisti, la Sicilia che non si vuole rassegnare. La Sicilia che in questi anni, dalle macerie degli omicidi eccellenti e delle stragi, è nata e ha costruito speranza. C’è lo spirito delle testate giornalistiche che hanno fatto la storia dell’informazione palermitana, come l’Ora. E c’è Luciano Mirone, cronista siciliano innamorato della sua terra e della sua professione che, se svolta bene, riesce a costruire il cambiamento. E non sulla sabbia.

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